Benvenuti nel sito di Giuseppe Pungitore, dell'ing. Vincenzo Davoli, di Mimmo Aracri ed Antonio Limardi, punto d'incontro dei navigatori cibernetici che vogliono conoscere la storia del nostro meraviglioso paese, ricco di cultura e di tradizioni: in un viaggio nel tempo nei ruderi medioevali. Nella costruzione del sito, gli elementi che ci hanno spinto sono state la passione per il nostro paese e la volontà di farlo conoscere anche a chi è lontano, ripercorrendo le sue antiche strade.

NEWS 2024

 

 

Foca fiumara
Quando c’era la festa di San Foca, essa iniziava ufficialmente con la rimozione della statua del santo dalla sua nicchia per essere collocata sul baldacchino, dove veniva venerata durante il novenario.
Nel momento in cui le mani si posavano sulla statua per portarla giù, le campane iniziavano a suonare a festa. Il parroco, i chierichetti e i fedeli erano pronti a cantare il responsorio a San Foca e a offrirgli l'incenso. Contemporaneamente, nella zona chiamata "Costera", un fuochista era pronto a sparare i fuochi d'artificio.
Dopo questa cerimonia, tutti i fedeli cantavano l'Orazione, un canto tradizionale noto anche come "A Raziuoni".
Durante il novenario di San Foca, le campane suonavano a festa tre volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno e all'Angelus serale, accompagnate dal lancio di fuochi d’artificio, chiamati "furguli". I fedeli partecipavano accendendo candele, torce e portando fiori in segno di devozione.
Ogni sera, durante il novenario, i devoti si riunivano nei vari rioni di Francavilla per cantare l'Orazione in onore di San Foca, per poi trascorrere insieme la serata raccontando storielle.
Il venerdì di San Foca era dedicato alla fiera del bestiame, che iniziava alle sei del mattino con un grande botto, noto come "palla barese".
Al suono del botto, le campane suonavano a festa e la gente si dirigeva verso la zona del Drago e nei dintorni del cimitero, dove si teneva la fiera del bestiame, con mucche, asini, capre e pecore.
Dove oggi ci sono i giochi, un tempo si svolgeva la fiera dei contadini, con la vendita di zappe, picconi e altri utensili.
Invece, nella zona dove ora si trova la villetta, all'epoca c'era il fiume del Drago e una fontana, luogo della fiera dei maiali, con i porceduzzi chiamati “nirru”.
Terminata la fiera, la gente metteva un’offerta, per esempio, sulle corne degli animali, come capre e vacche, e si avviava verso la chiesa.
Chi comprava maialini, a causa del caldo, prima di portarli a casa o in campagna, li portava in braccio fino alla chiesa per farli benedire da San Foca, lasciando un'offerta.
Nel frattempo, lungo il corso principale del paese, si allestivano bancarelle di ogni tipo, con quelle dei "mastazzuoli" che attiravano particolarmente i bambini.
La sera, invece, il paese si illuminava con archi di luci che partivano dalla facciata della chiesa e si estendevano lungo la strada principale.
Il sabato, alle sei del mattino, si sparavano i fuochi, detti ”fulguri”, e le campane suonavano a festa. Seguiva la celebrazione della prima messa, mentre una seconda messa solenne veniva celebrate alle dieci e mezza.
Nel frattempo, il paese era allietato dalle note della banda musicale che iniziava a suonare intorno alle sette del mattino.
Alle undici, la banda eseguiva un breve concerto di marce sul palco, mentre la sera percorreva le vie principali del paese, concludendo presso la chiesa di San Foca, dove si celebravano la novena e i vespri.
Anche la domenica iniziava alle sei del mattino con i “fulguri”, il suono delle campane e la celebrazione della prima messa.
Alle 10:30 si celebrava la seconda messa solenne, a seguito della quale si svolgeva una lunga processione per le vie del paese, durante la quale San Foca si fermava a ogni porta per raccogliere le offerte dei fedeli, che venivano consegnate al comitato o deposte sullo stendardo.
Al termine della processione, si cantava la litania di fronte alla chiesa, seguita da fuochi d'artificio.
I festeggiamenti religiosi si concludevano domenica sera, alle ore 19.00, con il bacio delle reliquie di San Foca.
Durante il sabato e la domenica, i fedeli portavano a San Foca dei taralli a forma di serpente, oppure i cosiddetti "papuni", che rappresentavano parti del corpo come braccia o gambe, come voto per guarigioni; per esempio, quando avevano mal di testa, facevano il voto di una testa. Molti devoti giungevano anche da paesi più o meno vicini, come Monterosso, Capistrano, Filogaso, Cardinale ecc., per partecipare a questa tradizione. Tutti i voti venivano poi messi all'asta, e il ricavato contribuiva alla realizzazione della festa.
Fino al 1962, il sabato e la domenica sera erano allietati dalle migliori bande musicali; c'era una competizione tra i vari paesi per portare la migliore banda musicale, con particolare predilezione per quelle pugliesi, come Francavilla Fontana, Brindisi, Gioia del Colle e Acquaviva delle Fonti.
Ma con il tempo lo spettacolo bandistico fu sostituito dai concerti di nuovi cantanti, inaugurati da Aurelio Fierro e proseguiti negli anni con artisti come Robertino, Nunzio Gallo, Sonia e le sorelle, Daniele Piombi, Isabella Iannetti, Marisa Sannia, Little Tony, Bobby Solo, Otello Profazio e molti altri, di vari generi musicali.
Lo spettacolo musicale, che si teneva in Piazza Solari, si concludeva presso la contrada “Costera” con fuochi d'artificio, realizzati dalle migliori ditte pirotecniche, tra cui la famosa "Valle Fuoco" di Napoli.
Tutto questo avveniva quando c’era la festa di San Foca… per fortuna ancora resta qualcosa, come la novena e la celebrazione della messa, che si terrà a partire dal 1 Agosto, alle ore 18:30, con la “Discesa del Santo”. Venerdì 2 agosto, alle ore 18.30, si terrà la recita del rosario, con a seguire la novena solenne e la celebrazione della santa messa. Questo per tutto il novenario, fino a sabato 10 agosto.

 

STORIA di VINCENZO PIZZONIA
 SOLDATO della DIV.  “VICENZA”
Vincenzo Davoli intende dedicare l’ultima versione della “Storia di Vincenzo Pizzonia” alla felice memoria della Signora Teresa PIZZONIA ved. Bonelli, che tanto si prodigò a fornirgli dettagliate informazioni sull’amato cugino Vincenzo Pizzonia, soldato francavillese Caduto in Russia. L’ultima versione, che qui di seguito viene presentata, è stata accuratamente rielaborata e corredata con varie fotografie da Mauro DEPETRONI (Trieste) del “Comitato Divisione Vicenza”.

Fante Vincenzo PIZZONIA di Paolo e Rachele Torchia, cl. 29.11.1915 (da Francavilla Angitola – Vibo Valentia)
256ᵃ Compagnia Cannoni C/C. da 47.32
Deceduto noto in località Sergeevka il 4.1.1943 nell’Ospedale da Campo 629della Julia.

Oltre ad una meritevole pubblicazione l’incontro con Vincenzo Davoli ci ha permesso di poter conoscere l’identità di Vincenzo Pizzonia, Fante della Divisione Vicenza.  Vincenzo Davoli è stato disponibile a condividere le sue ricerche grazie alla pubblicazione BUONE NOTIZIE E PRONTA RISPOSTA -Volume II – Caduti francavillesi nella seconda guerra mondiale, ed. Calabria Letteraria, Catanzaro, 2012
Il cui libro narra le singole storie di una ventina di militari calabresi, originari di Francavilla, un paese rurale dell'antica provincia di Catanzaro, morti nella Seconda guerra mondiale. Partendo dall'elenco dei nomi incisi sulla lapide del Monumento ai Caduti, sono state descritte le loro vicende personali dalla nascita alla morte, soffermandosi in particolare sul loro servizio militare prima in tempo di pace, poi in guerra.
Le brevi biografie - ravvivate da immagini, frasi e pensieri tratti dal retro di fotografie, da lettere e da cartoline - sono propriamente microstorie individuali, minuscole tessere, criticamente elaborate e storicamente documentate, incastonate nell'immenso e tragico mosaico della Seconda guerra mondiale.
Nel libro è presente la storia del Fante Vincenzo PIZZONIA della 256ᵃ Compagnia Cannoni Controcarro da 47/32 della Divisione Vicenza, deceduto al fronte russo nel gennaio 1943.

Nel ringraziare Vincenzo Davoli per il meticoloso lavoro svolto e per averci concesso la possibilità di pubblicarne un estratto, di seguito la breve storia del Fante Vincenzo Pizzonia, uno dei purtroppo tanti Caduti della Divisione Vicenza

PIZZONIA VINCENZO

Caduto in Russia sul fronte del Don

Nacque a Francavilla Angitola il 29 novembre 1915; era figlio di Paolo e di Rachele Torchia. Aveva un fratello di nome Foca ed una sorella chiamata Anna.
I Pizzonia erano conosciuti sia a Francavilla che nei paesi vicini come bravi e capaci potatori; anche Vincenzo aveva imparato dal padre e dai parenti l’arte della potatura delle piante. Giustamente i genitori ritennero opportuno che il loro figliolo, prima di andare a lavorare nell’agricoltura, fosse mandato a scuola per apprendere quantomeno le cose basilari dell’istruzione elementare. Vincenzo fece proprio così: una volta imparati i fondamenti essenziali dell’istruzione primaria (saper leggere e scrivere, e soprattutto saper fare bene i conti) terminò con la scuola e cominciò a lavorare sia da semplice contadino sia come aggregato alla squadra dei Pizzonia potatori.
Nel settembre 1936 VincenzoPizzonia fu chiamato al Distretto militare di Catanzaro per la visita di leva della classe 1915; il 24settembre 1936 fu dichiarato rivedibile e posto in congedo illimitato, con l’obbligo di rispondere alla chiamata alle armi della classe 1916. L’anno dopo ricevette la cartolina precetto di seconda chiamata alle armi, dove giunse il 14 maggi 1937. Inviato al Reparto distrettuale di Caserta, il 15 maggio 1937 fu aggregato al 15° Reggimento Fanteria, per il periodo di istruzione.
Dopo due mesi di “naja”, il 15 luglio 1937 ottenne una licenza lunga di convalescenza, cioè di 360 giorni. L’anno successivo, avvicinandosi la data di scadenza della licenza, fu ricoverato all’Ospedale Militare di Catanzaro; il 14 giugno 1938 ne fu dimesso, ottenendo una licenza di convalescenza di altri 90 giorni. Il primo periodo di servizio militare di Pizzonia si concluse il 30 agosto 1938, quando venne mandato in congedo illimitato, rimanendo nell’ambito del Distretto di Catanzaro.
Liberatosi dagli impicci e dai fastidi del servizio militare, Vincenzo si impegnò con maggiore continuità ed alacrità a lavorare in campagna a Francavilla e dintorni. D’altro canto, avendo ormai superato la maggiore età ed essendo stimato dalla gente del paese come uomo serio e laborioso, Vincenzo giustamente aspirava a metter su famiglia, sistemandosi convenientemente. Cercò quindi tra le compaesane di Francavilla la donna che meglio rispondesse alle sue aspettative, e la trovò in Maria Bilotta. Con il consenso delle rispettive famiglie, Vincenzo si fidanzò ufficialmente con Maria.
L’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) scombussolò l’attività lavorativa e i progetti matrimoniali di Vincenzo. Dopo alcuni mesi di incertezza egli fu richiamato alle armi “per esigenze di carattere eccezionale”;il 25 novembre 1940 cominciò il “secondo tempo” del servizio militare di Vincenzo, con l’arruolamento a Catanzaro, presso il 207° Reggimento Fanteria. Dopo un mese trascorso a Catanzaro, Vincenzo dovette partire per l’Albania per partecipare alla guerra, mossa dall’Italia contro la Grecia, che si stava combattendo sul fronte albanese/greco. Il 30 dicembre 1940 si imbarcò a Brindisi e il giorno successivo, il 31, sbarcò nel porto albanese di Valona. Appena giunto laggiù, Vincenzo fu aggregato ad un altro reggimento, il 48° della Divisione Fanteria “Ferrara”, e subito condotto in territorio dichiarato in istato di guerra.
La Divisione “Ferrara” faceva parte della XI Armata italiana, incaricata di conquistare la regione greca dell’Epiro.

In verità l’attacco italiano era stato subito bloccato dalle truppe greche, che avevano costretto i soldati italiani a retrocedere in territorio albanese. Perciò a gennaio/febbraio 1941 il 48°Rgt. “Ferrara” era immobilizzato nelle montagne dell’Albania centromeridionale, impantanato in una guerra di posizione. In quei mesi d’inverno per i soldati, assai male equipaggiati, il nemico più pericoloso non fu l’esercito greco ma il freddo glaciale; le infermerie e gli ospedali da campo erano pieni più di militari con gli arti congelati che non di feriti in combattimento.
Come si evince dal suo Foglio Matricolare, a Vincenzo Pizzonia, che stava operando sul fronte di guerra d’Albania, il 28 febbraio ’41 fu riscontrato un congelamento di 1° e 2° grado ai piedi. Il 1° marzo 1941, il  Fante fu ricoverato all’ospedale da campo n° 409 installato a Valona. Il 4 marzo Vincenzo fu imbarcato nel porto di Valona per essere trasferito in Italia. La mattina seguente sbarcò a Bari e subito nello stesso giorno, 5 marzo, fu ricoverato all’Ospedale Militare di Bisceglie. Per pochi giorni di differenza il Soldato Pizzonia, rimpatriato in quanto congelato ai piedi, non incontrò Mussolini, che faceva il viaggio in senso opposto dalla Puglia in Albania.
Ansioso di presenziare personalmente all’offensiva di primavera programmata per sconfiggere una volta per tutte l’esercito greco, il 2 marzo il Duce, prima di volare per l’Albania, aveva sostato a Bisceglie dove era stato installato un Quartier generale per le operazioni belliche contro la Grecia.
Trascorsi 35 giorni di ricovero e di cure a Bisceglie, il 10 aprile 1941 Vincenzo fu dimesso da quello ospedale ed inviato in licenza di convalescenza di 50 giorni. All’atto della dimissione dal nosocomio pugliese (10 aprile 41), il direttore dell’ospedale militare di Bisceglie rilasciò a Pizzonia anche una dichiarazione burocratica “valevole ai soli effetti del trattamento economico durante il ricovero in luogo di cura e l’eventuale conseguente licenza di convalescenza”. Il nostro Fante rientrò quindi a Francavilla per trascorrervi la convalescenza.
Il 28 maggio ’41 si presentò all’Ospedale Militare di Catanzaro per visita di controllo; vi restò ricoverato per un paio di giorni e il 30 fu dimesso ed inviato in licenza per ulteriori 30 giorni. Nei mesi seguenti del 1941 Vincenzo Pizzonia rimase sempre in Calabria dove passò il “terzo tempo” del suo servizio militare intervallando lunghi periodi di convalescenza a casa in Francavilla con periodi più o meno brevi di ricovero per controlli presso l’Ospedale Militare di Catanzaro. Il 3 luglio fu ricoverato a Catanzaro per visita di controllo; l’8 luglio fu dimesso, con una licenza di 40 giorni. Ritornò all’Ospedale Militare il 18 agosto; vi rimase ricoverato per 3 giorni; fu dimesso il 21 agosto, ottenendo una licenza di 60 giorni. Il 22 ottobre si presentò di nuovo all’Ospedale di Catanzaro per visita di controllo; questa volta il ricovero fu di durata più lunga. Il 12 novembre 1941 fu dimesso dall’Ospedale Militare ed “inviato al corso idoneo”. Quest’ultima annotazione mi sembra alquanto nebulosa; tra l’altro non viene indicato né il luogo né il reparto militare dove si svolgeva tale “corso idoneo”. Probabilmente Vincenzo doveva far capo al 48°ReggimentoFerrara” di stanza a Bari, e non al 207° Reggimento Fanteria di Catanzaro, città in cui aveva sede l’Ospedale Militare dove puntualmente egli doveva recarsi per visite di controllo e ricoveri.
Sicuramente Vincenzo trascorse il periodo di Natale e fine d’anno nella sua casa di Francavilla; ma per lui il nuovo anno iniziò in modo burrascoso. Infatti il 2 gennaio 1942 il Comando truppe Deposito 48° Reggimento Fanteria di Bari denunciò il Soldato VincenzoPizzonia al Tribunale Militare di guerra, imputandogli il reato di diserzione. Contro questa grave denuncia Vincenzo oppose le sue buone ragioni facendo ricorso presso la Procura militare. Abbastanza rapidamente la Procura esaminò la delicata faccenda e il 24 gennaio 1942 il Sostituto Procuratore del Re Imperatore (Vittorio Emanuele III era allora Re d’Italia e Imperatore d’Etiopia) emise un provvedimento risolutivo, ordinando l’archiviazione degli atti per manifesta infondatezza della denunzia. Di conseguenza, trovandosi Pizzonia nella condizione contemplata da una certa Circolare Militare 163200 del 27/10/1941, fu inviato in congedo illimitato con provvedimento “parificato” a Bari il 12 febbraio 1942. Il Distretto Militare di Catanzaro ne prendeva atto il 13/2/1942.
Dopodiché nel Foglio matricolare di Vincenzo compaiono soltanto altre due annotazioni:

  1. La prima, scritta a mano, afferma “Parificato. Catanzaro. lì 11-3-1942-XX”.
  2. La seconda, non facilmente leggibile, riportata parte con timbro e parte a mano, dichiara: “Inscritto nel ruolo della forza in congedo fanteria. Distretto Militare di Catanzaro 19 marzo 942”.

Il suo “Foglio matricolare e caratteristico” finisce con le suddette annotazioni. Ho ricostruito le successive fasi di servizio militare e di guerra, nonché l’ultimo periodo di vita di Pizzonia, grazie alle notizie fornitemi da discendenti e conoscenti di Vincenzo, e sulla base di due distinti atti di morte trascritti nel relativo registro conservato nell’archivio comunale di Francavilla.
Nel corso del 1942, in un giorno imprecisato di primavera o d’estate, Pizzonia si rese protagonista di un episodio increscioso, le cui estreme conseguenze gli furono fatali. Vincenzo doveva recarsi all’Ospedale Militare di Catanzaro per una ulteriore visita di controllo; ma in quei mesi di guerra non era facile viaggiare. Il postale faceva servizio automobilistico verso Catanzaro solo una volta alla settimana; l’autocorriera era piccola e quel giorno erano molte le persone che da Francavilla dovevano andare nel capoluogo di provincia; ci fu ressa per avere un posto sulla corriera, Vincenzo comunque era riuscito a salire a bordo, ed aveva trovato un posto per sedersi. Intervenne allora un vigile urbano di Francavilla che invitò il soldato Pizzonia a scendere e a cedere il posto ad altri viaggiatori (anziani e donne). Vincenzo ribatté che doveva assolutamente andare a Catanzaro avendo ricevuto l’ordine di sottoporsi a visita di controllo all’Ospedale Militare. Ma il vigile non gli diede ascolto e gli ordinò di scendere immediatamente; al che, Vincenzo scese dall’interno del postale e, tramite la scaletta posteriore, salì sul tetto della corriera, sdraiandosi tra i bagagli che vi si collocavano. Allora quel vigile, inviperito, gli intimò di scendere immediatamente da lassù; volarono parole di troppo ed insulti. Vincenzo scese giù ed inveì contro di lui, spingendolo e strattonandolo. Il vigile bloccò Pizzonia e lo fermò; poi accusandolo di oltraggio a pubblico ufficiale, lo condusse subito al carcere di Filadelfia. Vincenzo vi restò qualche giorno; alcuni suoi parenti mi hanno riferito di avergli fatto visita mentre era nel carcere del paese vicino. Ma la breve detenzione a Filadelfia fu solo il preludio di una punizione assai più grave che, con studiata perfidia, gli venne inflitta. Il povero Pizzonia, non ancora perfettamente guarito dai postumi del congelamento patito in Albania, per punizione fu spedito in Russia, sul fronte di guerra assai temuto per il rigido, glaciale clima invernale. Presumibilmente il trasferimento verso la Russia avvenne tra fine estate e primo autunno del 1942.
Il viaggio del reparto di Pizzonia durò almeno 20 giorni; prima in treno, effettuato con la tradotta militare, a bordo di uno di quei carri che in gergo venivano chiamati “cavalli 8 uomini 40”, per il numero di soldati e di quadrupedi che poteva contenere. Il treno dopo aver attraversato l’Europa centrale arrivava in Ucraina; quindi il viaggio proseguiva in camion dal bacino industriale del Donez fino a dove cominciava la steppa russa; infine, con una faticosa marcia di qualche centinaio di chilometri, i nostri soldati raggiungevano a piedi le loro postazioni in prossimità del medio corso del fiume Don. Poiché nessuno dei reggimenti, in cui fino ad allora Vincenzo aveva militato, andava in Russia, il nostro Soldato fu aggregato alla Divisione di fanteria “Vicenza”, che fu l’ultima unità italiana a raggiungere il fronte russo.
È verosimile pensare che Vincenzo Pizzonia nel primo periodo della sua permanenza in Russia (settembre/ottobre ’42) non abbia corso nessun pericolo connesso con episodi di guerra o scaramucce, per la semplice ragione che la sua unità stazionava nelle retrovie del fronte. Le prime difficoltà vennero con le piogge d’autunno, con l’arrivo della stagione della “Rasputitza” (cioè della fanghiglia), quando le strade e le piste della steppa venivano coperte di melma e fango che ostacolavano la marcia dei veicoli, specialmente degli autocarri pesanti, carichi di munizioni o gravati dai pezzi d’artiglieria.
All’inizio di novembre ci furono le prime nevicate; così sul bacino del Don cominciò la stagione invernale, non in senso astronomico, ma in senso climatico.
I parenti di VincenzoPizzonia non hanno conservato nessuna sua lettera o cartolina spedita dalla Russia; tuttavia i più anziani tra loro rammentano ancora qualcosa di singolare che trapelava dalla sua corrispondenza. Per sfuggire all’intervento della censura postale Vincenzo ricorreva ad alcuni stratagemmi e all’uso di espressioni dialettali. Così per fare sapere che lui e i suoi commilitoni pativano i morsi della fame, Vincenzo scriveva di aver spesso incontrato a mezzogiorno e a sera un tale Bruno ‘e Petitto (personaggio inventato) dove il termine dialettale, che significa appetito, sottintendeva la parola fame. Se scriveva di aver visto talvolta Foca Limardi (nominativo frequente a Francavilla, ma non presente sul Don) voleva far sapere di aver udito o visto sparare armi da fuoco (sottinteso nel nome “Foca”).

Il Corpo d’armata alpino non era stato direttamente attaccato durante l’operazione “Piccolo Saturno” scatenata dai Russi; ma il 20 dicembre, dopo lo sfondamento del fronte nel settore presidiato dalla Divisione “Cosseria”, la Divisione alpina “Julia”era stata spostata in quei luoghi per tamponare la falla che vi era stata aperta. Cosicché la Divisione “Vicenza”, subentrando nelle postazioni fino ad allora presidiate dalla “Julia”, arrivava per la prima volta sulla linea del fronte.
Celeste Polito, classe 1922, montanaro veneto di Farra d’Alpago (BL) commilitone del nostro VincenzoPizzonia, poiché era anch’egli aggregato alla Divisione “Vicenza”, sulla rivista Focus, dicembre 2008, ha raccontato qualcosa di quei giorni sul Don:
La mia divisione, la “Vicenza”, doveva dare il cambio agli alpini…
Quando arrivammo trovammo perciò le trincee, i camminamenti e anche qualche piccolo bunker che gli alpini avevano già fatto e che noi abbiamo continuato ad ampliare. I giorni e le notti passavano un po’ a scavare e un po’ a fare le guardie; cibo e munizioni arrivavano attraverso i camminamenti, di sera o durante la notte perché di giorno era pericoloso uscire allo scoperto; una volta una pallottola mi ha bucato la gavetta facendomi rovesciare tutto il brodo. Il peggio però era la notte, quando a turno si andava di pattuglia sulla riva del Don: si indossava la tuta bianca e si percorreva la sponda del fiume. Tra noi e i Russi c’era solamente qualche cespuglio e il fiume gelato. In varie occasioni loro hanno tentato di passarlo, ma sono stati respinti.

A Rossosc ci siamo riuniti e abbiamo formato una colonna. Di lì è cominciata la grande ritirata: una colonna di cui non si vedeva la fine. Si camminava giorno e notte, ci si fermava solo qualche ora nei paesi abbandonati, cercando di trovare qualcosa da mangiare. Un giorno hanno mitragliato la colonna; d’istinto mi sono buttato sulla neve e le pallottole mi hanno bucato lo zaino che avevo sulle spalle e dentro il quale tenevo come un tesoro due scatolette e un pezzo di pane nero di segale, tutte le mie provviste”.

In diverse pagine del libro “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, arruolato nella “Tridentina”, sono citati esplicitamente la Divisione “Vicenza”.  Riferendomi all’edizione degli Einaudi Tascabili a pag 29 si legge:
Ai primi di gennaio capitarono alnostro caposaldo, assieme alla corvè del rancio, tre soldati di fanteria. Erano meridionali della divisione Vicenza che i comandi superiori, chissà perché, avevano sciolta mandando gli uomini fra le compagnie alpine. Il tenente li assegnò alla squadra del Baffo. La sera andai a trovarli. Due non volevano uscire di vedetta: non si fidavano, mi dicevano nel loro dialetto, e uno piangeva”.
A pag. 99 Rigoni scrive: “In un’altra isba… trovo dei soldati sbandati della divisione Vicenza. Stanno rannicchiati sotto il tavolo, disarmati, semiassiderati, e pieni di paura”.

Aldo Rasero, nel suo libro “Alpini della Julia”, afferma che nella Divisione di fanteria “Vicenza” fu costituita “una compagnia anticarro da 47 mm… formata da elementi eterogenei, provenienti da tutte le Armi”. Proprio a tale compagnia di cannoni da 47/32 si trovò aggregato il Fante Pizzonia;

Vincenzo Pizzonia rimase in prima linea non più di due settimane; la situazione nella sua Divisione era alquanto precaria e confusa. Da un documento ufficiale (atto di morte redatto il 17 luglio 1943 a Latisana - UD), risulta che Vincenzo era effettivo della 256ᵃ Compagnia cannoni contro carro da 47/32 della DivisioneVicenza”. Tra fine dicembre 1942 e prima metà di gennaio 1943 il Corpo d’armata alpino, e con esso la Divisione “Vicenza”, non era stato ancora coinvolto in guerra aperta; tuttavia quelle truppe erano esposte al pericolo d’incursioni terrestri tentate da pattuglie dell’Armata Rossa, o di bombardamenti da parte di qualche aereo sovietico. Il nostro Vincenzo Pizzonia morì proprio a causa di un bombardamento aereo; l’atto di morte afferma che egli morì il 4 gennaio 1943 nell’ospedale da campo n° 629 nella località della Julia del fronte di Russia, dove era stato ricoverato in seguito a ferite riportate durante un mitragliamento o bombardamento aereo. Dopodiché Pizzonia fu sepolto presso la località dove era deceduto.
Poiché la morte di Pizzonia era avvenuta in ospedale, quindici giorni prima dell’ordine di ripiegamento della sua Divisione “Vicenza”, i Comandi della ARMIR fecero in tempo a comunicarne la notizia al Comune di Francavilla Angitola. I Pizzonia, tempestivamente avvertiti della morte del loro caro, affranti per la perdita di Vincenzo, maledissero Mussolini e i fascisti che avevano mandato quei giovani italiani allo sbaraglio, senza vestiario ed equipaggiamento adeguati per affrontare il clima glaciale della Russia; ancor più inveirono contro quel vigile di Francavilla, che con il suo intervento ne aveva provocato prima l’arresto e poi l’invio in Russia, a mo’ di punizione esemplare. Tuttavia c’è da dire che i Pizzonia, a differenza delle famiglie di altri Caduti andati dispersi ebbero quanto meno la consolazione di poter fare celebrare Messe in suffragio dell’anima del loro congiunto, nonché la certezza che la salma di Vincenzo fosse stata seppellita.
Vincenzo Pizzonia è l’unico appartenente alla Parrocchia delle Grazie, il cui atto di morte in guerra sia stato trascritto nel registro parrocchiale dei defunti. Il parroco Don Ferdinando Facciolo ne registrò la morte, indicando che la sua salma era stata sepolta “in coemeterio belli”, nel cimitero di guerra presso l’ospedaletto dov’era deceduto.
La famiglia Pizzonia, sconvolta dalla morte di Vincenzo, osservò per molto tempo un lutto stretto; la madre Rachele, per onorare il figlio Caduto secondo l’uso tradizionale, fece disarmare il letto matrimoniale, smontando testiera e pediera, posando i materassi sul pavimento.
A Francavilla Maria Bilotta, fidanzata del Caduto Vincenzo, rimase in ottimi rapporti con la famiglia Pizzonia, tanto che accettò di sposarsi con Foca, fratello del povero Vincenzo. Dopo le nozze, Foca e Maria Pizzonia emigrarono negli USA, andando a vivere a New Rochelle (Stato di New York).
Ad oggi i parenti più stretti di Vincenzo rimasti a Francavilla sono: – la signora Rachele Loiacono in Accetta, nipote del Caduto in quanto figlia della defunta sorella di lui, Anna Pizzonia Loiacono; – la cugina, signora Teresa Pizzonia, vedova di Giuseppe Bonelli e abitante in via Livorno.

Nel corso della mia ricerca su VincenzoPizzonia ho fatto una scoperta sorprendente: nei registri di stato civile del Comune di Francavilla sono stati trascritti due distinti atti di morte di Vincenzo.
La prima trascrizione fu fatta il 21/7/1944 da Giuseppe Torchia, commissario prefettizio facente funzione di Sindaco. Essendo francavillese, Torchia conosceva bene il nostro soldato. In questo atto Vincenzo Pizzonia figura appartenente al 26° Rgt. Fanteria “Bergamo”; in particolare si attesta che “Il 4 gennaio 1943, sul fronte russo, nell’ospedale da campo n°629 è deceduto il Soldato Pizzonia Vincenzo, figlio di Paolo e di Torchia Rachele. Morto in seguito a ferite riportate durante mitragliamento aereo; sepolto nella stessa località dove è avvenuta la morte, ma il teste non (ne) ricorda il nome”. Il teste è indicato come Giovanni Galati.
Successivamente, in data 3/10/1944, l’Ufficiale di stato civile rag. Mario Giuranna, in servizio da poco tempo a Francavilla, e quindi ancora poco edotto sull’identità dei soldati combattenti, trascrisse l’atto di morte pervenuto quello stesso giorno, senza rendersi conto che la morte di Pizzonia era stata già registrata, neppure tre mesi prima. Il nuovo atto di morte precisava: “In base alla dichiarazione del fante Galati Giovanni di Salvatore, classe 1917, confermata dal Cap. Oddi Emilio e dal fante Di Giorgi Amedeo di Francesco… tutti effettivi della 256ᵃ Compagnia cannoni da 47/32 Divisione “Vicenza” si redige il seguente atto di morte… l’anno 1943 nel giorno 4 gennaio, sul fronte russo è deceduto il Fante Pizzonia Vincenzo effettivo della 256ᵃ Compagnia cannoni da 47/32 della Divisione “Vicenza”. Il nominato Pizzonia Vincenzo è deceduto all’ospedale a campo n° 629 (fronte russo) in seguito a ferite riportate durante bombardamento aereo.       Latisana 17 luglio 1943”.
Nei due distinti atti vengono citati lo stesso Caduto, la stessa data, la stessa causa di morte, lo stesso testimone; la differenza sostanziale concerne soltanto l’indicazione dell’unità militare a cui Vincenzo Pizzonia realmente apparteneva.

Nel primo documento si cita il 26° Reggimento di Fanteria “Bergamo”, mentre nel secondo si parla della Divisione di Fanteria “Vicenza”.

(Il testo riportato è su gentile concessione di Vincenzo Davoli autore della pubblicazione BUONE NOTIZIE E PRONTA RISPOSTA -Volume II – Caduti francavillesi nella seconda guerra mondiale, ed. Calabria Letteraria, Catanzaro, 2012)

Nota del Comitato Divisione Vicenza: l’indicazione del 26° Fanteria “Bergamo” come reggimento di appartenenza di Vincenzo Pizzonianon è stata frutto di un equivoco e della grande confusione che sicuramente regnava all’epoca dei fatti ma che sia semplicemente dovuta al fatto che la 256ᵃ Compagnia cannoni da 47/32 è stata costituita a Latisana (UD) nell’inverno 1942 assieme al 278° Reggimento, proprio all’interno del 26° Reggimento della Divisione Bergamo, infatti il DEPOSITO DEL 26° REGGIMENTO DI FANTERIA  “BERGAMO” era il CENTRO DI MOBILITAZIONE del 278° REGGIMENTEO DI FANTERIA “VICENZA”a Latisana (UD) e della 256ᵃ Compagnia Cannoni da 47/32al pari del 277° Reggimento che invece era costituito a Cervignano (UD) nel Deposito del 25° Reggimento di Fanteria “Bergamo”.
I suddetti reparti saranno inquadrati nella Divisione “Vicenza” dal 10 marzo 1942 successivo, data di costituzione della Divisione stessa. 
Bisogna aggiungere che le due comunicazioni sono avvenute, la prima mentre la Divisione “Vicenza” esisteva ancora pertanto dal Comando della stessa, mentre la seconda è giunta dopo lo scioglimento della Divisione avvenuto in data 15 maggio 1943.
Nel foglio 0068690/2 dello Stato Maggiore del Regio Esercito – Ufficio Ordinamento 2ᵃ Sezione viene stabilito che la 256ᵃ Compagnia cannoni da 47/32 deve essere messa a disposizione del rispettivo Centro di Mobilitazione (26° Reggimento di Fanteria “Bergamo”) ed a far data del 15 maggio 1943 tutti gli elementi rientrati saranno smobilitati e sciolti.
Dal 15 maggio 1943 tutta la documentazione matricolare verrà sempre compilata dal Centro di Mobilitazione di competenza che, per Vincenzo Pizzonia, era il Deposito del 26° Reggimento, ove era stato arruolato prima dell’assegnazione alla Divisione “Vicenza”.
La 256ᵃCompagnia Cannoni Controcarro divisionale (someggiata su 80 muli) da 47/32 nel dicembre 1942 era dislocata a Ssudjewka – Nikolajewka località situata nella valle del Rossosh sulla linea ferroviaria a metà strada tra Popovka e Podgornoje. Successivamente dopo il trasferimento della Julia a Novaja Kalitwa, la Compagnia prende posizione in linea nel settore diSsaprina ad est rispetto la posizione precedente ed il Comando a circa 15 chilometridal fiume Don e dal fronte. Sicuramente i vari plotoni erano decentrati sulla linea del fronte stesso, quando avvenne il mitragliamento d’aereo a seguito del quale rimase gravemente ferito Vincenzo Pizzonia. Durante il ricovero presso l’Ospedale da Campo 629 della Julia in località Sergeevka (pochi chilometri a nord di Ssaprina), Vincenzo decedeva il 4 gennaio 1943.
La 256ᵃCompagnia Cannoni riuscì a partecipare alle fasi del ripiegamento assieme al Comando del 278° Reggimento, venendo poi sopraffatta a Warwarowka - Варваровка, il 24 gennaio 1943.
Dalle operazioni al Fronte Russo su un organico di 225 uomini di cui 6 ufficiali, i Caduti della 256ᵃCompagnia Cannoniindividuati risultano 134 e tra di loro, purtroppo, il Fante Vincenzo Pizzonia. 
Al momento sono stati individuati organicamente i seguenti Ufficiali:

 Cap. Giuseppe LELLO (da Catania)Comandante di Compagnia Disperso il 31.1.43 in località non nota

S.Ten. Cpl. Isidoro PATANE’ (da Riposto - CT), Comandante di Plotone
Catturato il 25.1.1943 a Warwarowka,rientrato dopo la Prigionia dal Campo 160 di Susdal

S.Ten. Mario BOSI (da Pavia)Disperso il 31.12.1942 in località non nota

Si dispongono inoltre dei seguenti nominativi di uomini della Compagnia rientrati:

FANTE

CALO'

ANTONIO

FANTE

SGARRA

LUIGI

FANTE

PERRONE

ANTONIO

FANTE

VILLANI

CARMELO

FANTE

PALAZZO

GIOVANNI

A Francavilla Angitola (VV) nella Piazza Santa Maria degli Angeli, si trova il Monumento ai Caduti della città.   La struttura, rivestita con grandi lastre di marmo, reca su un ripiano una scultura bronzea raffigurante una mano che stringe una fiaccola, simbolo di libertà. Sulla fronte, nell’ elenco dei nomi vi è quello di Vincenzo Pizzonia.

CORPUS  DOMINI 2 giugno  2024
La  festa del Corpus Domini, e’ iniziata alle 18.00 con la S. Messa,  alle ore 18.30 con    la processione  del  santissimo. il  parroco   don giovanni tozzo   porta  nelle vie  del nostro paese l’ostensorio.  l’amministrazione comunale ha partecipato ufficialmente alla processione con il gonfalone del comune portato  da Gianfranco  Schiavone,  erano presenti  il   sindaco,   avv. Giuseppe Pizzonia ,  e  gli assessori , accompagnando  Gesu’ eucaristico insieme numerosissimi fedeli.  la solennita' del corpus domini (espressione latina che significa corpo del signore), più propriamente chiamata solennità del santissimo corpo e sangue di cristo, è una delle principali solennità dell' anno liturgico della chiesa cattolica. in occasione della solennità del corpus domini si porta in processione, racchiusa in un ostensorio, un' ostiaconsacrata ed esposta alla pubblica adorazione : viene adorato Gesù vivo e vero, presente nel santissimo sacramento. è l'unica processione dell'anno liturgico ad essere di precetto, secondo il diritto canonico.   

  

              

       

 

NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DI MIKE BONGIORNO

Nella ricorrenza del centenario della nascita di Mike BONGIORNO (nato a New York il 26 maggio 1924, da genitori italiani; morto a Montecarlo/ Principato di Monaco, l’8 settembre 2009) pubblichiamo un nostro “ricordo”, un po’ estemporaneo, del famoso presentatore televisivo.
Questo articolo accenna ad un episodio risalente all’anno 1944, che forse fu l’evento più drammatico della vita di Mike.
Nella primavera del 1944 il ventenne “giovanotto italo-americano” era stato arrestato dalla Gestapo, la famigerata polizia tedesca, con l’accusa di essere in contatto con i partigiani e di aver fatto da tramite tra alcuni esponenti della Resistenza milanese e gli Anglo-americani. Per tali motivi Bongiorno era stato rinchiuso nel carcere milanese di San Vittore. 
   A maggio del ‘44 Mike incontrò a San Vittore un recluso italiano; era un giornalista, messo in prigione perché aveva scritto qualche articolo contro il regime fascista.
Mike Bongiorno non sapeva chi fosse quel carcerato, che d’altronde in quegli anni non era ancora famoso. Lo sconosciuto “compagno di carcere” del giovane Mike aveva un nome alquanto strano: “Indro”ed il cognome di un patriota del Risorgimento: “Montanelli”. Il recluso incontrato a San Vittore era dunque colui che, nella seconda metà del Novecento, sarebbe diventato uno dei più brillanti ed apprezzati giornalisti italiani, ossia Indro MONTANELLI.
   Grazie alla sua cittadinanza statunitense, Bongiorno era scampato alla condanna a morte, poiché poteva servire da pedina di scambio tra prigionieri tedeschi e americani.Il povero Mike venne dimesso dal carcere di San Vittore, non per tornare in libertà, ma per essere trasferito ad un campo di prigioniasito in territorio del 3° Reich germanico e gestito dai Tedeschi.
Dopo aver peregrinato per diversi campi di prigionia, Bongiorno venne rinchiuso nel campo di punizione di Spittal, sito in Austria. A ottant’anni di distanza da queste vicende ci torna in mente quanto scrivemmo a proposito di Mike Bongiorno nel libro del 2012 “Buone notizie e pronta risposta” – vol. 2°, nel capitolo dedicato al soldato francavillese Giuseppe A. Ciliberti, deceduto proprio nel maggio 1944, mentre era prigioniero nel famoso campo “Stalag 17”, dove erano detenuti anche molti soldati americani. Per questa duplice ricorrenza (il centenario della nascita di M. Bongiorno; e l’80° anniversario della morte di G.A. Ciliberti) ci piace riportare dal suddetto libro il brano riguardante Mike Bongiorno, che era   stato appunto menzionato nel capitolo intitolato al Caduto francavillese G.A. Ciliberti.

“A metà febbraio del 2008, il popolare presentatore Mike Bongiorno, raccontando in un’intervista alcune esperienze drammatiche da lui vissute nel 1944 mentre era prigioniero dei Tedeschi, ha fatto cenno anche allo Stalag 17. Buongiorno era stato catturato dalla Gestapo in quanto ‘cittadino americano’; essendo un civile, doveva essere trasferito da Milano ad un campo di prigionia in territorio austriaco. Durante la sosta al campo di smistamento di GriesBolzano, il malcapitato Mike venne brutalmente malmenato, colpito a pugni, calci e frustate dal caporale delle SS, Michael Seifert, il famigerato “boia di Bolzano”.
Così Buongiorno rievocò i primi tempi della sua prigionia in Austria: «[arrivai]a Spital, il campo di punizione per civili vicino al famoso Stalag 17, dei soldati americani prigionieri. Mi ricordo che era ottobre, aveva nevicato; c’è un metro di neve e io ho addosso solo il camicione con cui sono uscito da San Vittore [il carcere di Milano]... Anche se siamo trattati malissimo e ho freddo, abbiamo una brandina singola e una coperta. Ci portano anche a fare la doccia, e mi ricordo di due polacchi che non volevano mai farla. Ero stupito; ma insomma dopo un po’ mi dissero che c’erano posti dove mettevano i prigionieri nelle docce e invece dell’acqua arrivava il gas. Io non ci credevo, non lo sapevo, e invece era tutto vero e loro lo sapevano già»”.

                                                                       VINCENZO DAVOLI

6 aprile 2024

Oggi, a Francavilla Angitola, la signora Filomena De Caria, vedova Furlano, che crediamo sia la centenaria più grande dell’angitolano, compie 106 anni, dopo che suo fratello ne aveva compiuti 103 e la sorella 101. Per cui vogliamo augurarle tantissimi auguri di buon compleanno.

 

A cumprunta

di Foca Mario Fiumara


Ogni annu juornu e Pasqua
ogni cristianu jia nta chiazza
do chjiu picciulu o chjiu randa
jianu u fannu festa randa
i zitiedi picciaridi, jianu ngiru sutta e supa
liticandu unu e n'atru
cui chjiu randa avia a cuzzupa,
jianu appriessu e San Giuanni
chi scappava e chi fujia
chi jia o chiama o Signuri
u s'incuntra cu Maria.
San Giuanni fujia avanti
e i cotrariedi tutti arriedi
jianu u trovanu a Madonna
ammucciata nte viniedi
pua ognunu s'arripava
ca San Giuanni avia u junta
ca Madonna e u Signuri avianu u fannu a cumprunta
e mentre Cristu maestusu e gluriusu mbicinava
a Madonna ammienzu a chjiazza, u mantu nigru si cacciava
sonavanu i campani, ca San Giuanni portau a nova
e i cotrari chjini e gioia, truzzavanu cu l'ova.
I randa cu auri si facianu tutti aguri
cadiendu ndinocchiuni, tutti e peda do Signuri
chidu suonu de campani facianu a tutti chjiu felici
e s'abbrazzavanu cu amuri, chidi chi eranu nemici
si stringianu e si vasavanu, ciangiuendu cu amuri
e nci cercavanu perdunu a Madonna e o Signuri
chi festa randa nc'era a Pasqua cu a chjiazza china e Cristiani
quandu i Santi s'affruntavanu, e nui ni stringiamu a mani
mentre u prieviti cu ncenzu i Santi ncenzijiava
tuttu u populu cantava e cu i campani festijiava
do chjiu randa o chjiu picciulu tutti eranu felici
specialmente i nemici chi s'avianu fatti amici
e mentre u fumu do ncenzieri si nda jia mberu u cielu
a genta tutti buoni si nda jianu a processiuni
avanti jiu o Signuri, e appriessu jiu Maria
pua chjiu appriessu jiu San Giuanni
cui cristiani in allegria.
Era chida a festa e Pasqua
e no chista fatta e ova
ca s'aspettava u vena Cristu
pe mu porta vita nova.
Tantissimi auguri di una felice e santa Pasqua

VENERDI’ SANTO-
Azione Liturgica con Predica della Passione - Processione del Cristo morto.

Festa a Francavilla Angitola

Il 5 marzo ricorre la celebrazione di San Foca Martire, protettore di agricoltori e marinai.

Quando c’era la festa di San Foca, essa iniziava dal momento in cui la statua veniva spostata dalla nicchia al baldacchino, per la venerazione durante il novenario.
Quando si mettevano le mani sulla statua, per prenderla e portarla giù, le campane suonavano a festa. Il parroco, i chierichetti e i fedeli, erano pronti a cantate il responsorio a San Foca e ad offrirgli l’incenso. Nel frattempo, nella zona chiamata “Costera”, c’era il fuochista, pronto a sparare fuochi d’artificio.
Finita questa cerimonia, tutti i fedeli intonavano il canto tradizionale chiamato “Orazione”, meglio conosciuto come “A Raziuoni”.
Per tutto il novenario di San Foca, le campane suonavano a festa il mattutino, il mezzogiorno e l’angelus serale, accompagnate da razzi chiamati “furguli”, mentre i fedeli facevano a gara a chi poteva accendere per primo candele, torce e a portare fiori.

Quest’anno la novena di San Foca inizia domenica 25 febbraio alle ore 16.30, con la recita del rosario a San Foca, e a seguire la novena e la celebrazione eucaristica.

Foca Fiumara

Unitamente agli amici Vincenzo Davoli, Romeo Aracri e Giuseppe Pungitore abbiamo presentato l'ultimo lavoro di Fra Tarcisio Rondinelli, francescano minore "Figlio della Custodia di Terra Santa" dal titolo Casa Museo "il Romitorio" (Adhoc Editore).
"Lascia giovanissimo Francavilla Angitola per intraprendere un cammino di fede, di meditazione, di carità e comunione che consacrerà con l'importante scelta di prendere i voti. Il profondo senso della condivisione cristiana verso condizioni di sofferenza e povertà estreme, unito ad un amorevole ed incondizionato bisogno di partecipazione e di testimonianza lo portano a svolgere per ben cinquant'anni il proprio ministero in Medio Oriente tra il Libano, la Siria, la Palestina, Israele e l'Egitto, dove nella cinica dimenticanza di tutti, si perpetuano conflitti, abusi, violenze che provocano spesso lacerazioni insanabili"("La Grotta", Edizioni Gambardella, Vibo Valentia, 2011). Ottenuto il permesso dai suoi superiori per il rientro a Francavilla Angitola (2005), oggi svolge la funzione di vice parroco.
Dello stesso autore San Foca Martire (2011), Cronache Conventuali (2013), Il Giardiniere di Sinope (2016), Chi cercate? (2019), tutti per i tipi di Adhoc - Vibo Valentia.
Piacevole serata conclusa con una forte sollecitazione di Fra Tarcisio Rondinelli che, oltre a raccontare della personale esperienza vissuta in varie parti del mondo, ci ha ricordato il contenuto del Vangelo di oggi (Mc 1, 40-45).
Tra i presenti lo storico Phocas Accetta e la presidente dell'Associazione Storico Culturale ANGRA di Filadelfia Manuela Costa

LA BEFANA  PER LE VIE DEI  PAESI
DI FRANCAVILLA ANGITOLA E FILADELFIA  (VV) 2023
A Francavilla  Angitola e Filadelfia  la notte tra ì1 5 e i1 6 gennaio 2024 alcune donne  francavillesi  girano  il  paese vestiti da Befana regalando caramelle e cioccolatini ai passanti.  Ricreando una dolce, incantevole atmosfera di pace e serenità nelle strade, nelle case  e nelle famiglie, con un’attenzione speciale per le persone sole, per gli anziani in case private e per gli ospiti della casa di riposo “Villa Amedeo . LA BEFANA, è nell'immaginario col­lettivo un mitico personaggio con l'aspetto da vecchia che porta doni ai bambini buoni la notte tra ì1 5 e i1 6 gennaio. La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, ne­la cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi. L'iconografia e fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.

CANTO DELLA STRINA NELLE STRADE DEL NOSTRO PAESE

1-1-2024

Il nuovo gruppo denominato “ COMPAGNIA DI CANTO FRANCAVILLESE ” si è esibito per la seconda volta nelle strade del nostro paese, cantando e suonando la tradizionale “Strina”. Il gruppo è stato accolto con molto entusiasmo dalla gente che si è affacciata sull’uscio di casa nell’udire la bella melodia dell’antico canto tradizionale. Si vuole continuare la tradizione tramandataci dai nostri antenati, riproponendo ancora una volta il canto ben augurante della Strina nella notte tra San Silvestro e Capodanno 2023. I componenti della “COMPAGNIA DI CANTO FRANCAVILLESE” sono, dalla fisarmonica di Foca Fiumara , il triangolo di Vincenzo Bilotta e dalla telecamera di Pino Pungitore, i cantanti del gruppo sono: Annita Aracri, Milena Aracri, Loredana Catanzaro, Concetta Ciliberti, Nuccia (Carmela) Preziuso,.
 BUON ANNO A TUTTI

 

 

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Per maggiori informazioni scrivere a: phocas@francavillaangitola.com